A poca distanza dal centro di Miglionico, circondata da alberi di ulivo, sorge su uno spuntone roccioso la
Cappella della Santissima Temità o Ternità.
Al suo interno custodisce pregevoli affreschi del Cinquecento sul Nuovo Testamento: la Trinità con il Pantocratore, la Vergine in atteggiamenti materni col Bambino. Altra particolarità della chiesetta è un graffito del 1626 a scrittura gotica in lingua spagnola, inciso sull'ala di un angelo raffigurato accanto al Pantocratore. Le parole "bela e la firma "un sottufficiale" fanno supporre che si tratti di una dedica fatta da uno dei soldati spagnoli che all'epoca proteggevano il passaggio del papa in questa zona.
Le celebrazioni di questa cappella si svolgono nella domenica della SS. Trinità e sono animate da canti e giochi, per poi concludersi secondo la buona tradizione paesana "a tarallucci e vino".
Questa cappella testimonia la differenza sociale tra ricchi e poveri, presente anche nella cultura religiosa. E' possibile infatti notare la "via dei signori" e il "tratturo dei poveri" che rappresentano rispettivamente le due "povertà" - quella dei contadini e quella dei religiosi - rappresentate a loro volta da due luoghi emblematici: la valle dei templi (oggi la Ternità) e il "salto del diavolo". Il tratturo dei poveri conduceva ai campi e ricongiungeva le terre povere di Miglionico con i ricchi agri di Montescaglioso, resi tali dai monaci benedettini, i "poveri per voto".
Curiosità
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La cappella si eleva su un terreno di proprietà della famiglia Stancarone, la quale aveva tracciato un primitivo "acquedotto" attingendo l'acqua da un breve tratto sotterraneo.
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Secondo la tradizione popolare, le ragazze "povere" che da una Pasqua all'altra riuscivano a diventare "zite" (spose), dovevano tagliarsi le trecce e appenderle sotto l'affresco di San Valentino. Questo era l'appuntamento antico delle "giuliette miglionichesi". Chi si sposava e perdeva quindi il privilegio della consegna delle trecce al Santo, doveva fare un "pellegrinaggio votivo" alla cappella - sempre aperta poiché priva di porta - e "accecare" con le dita uno degli angeli del trono per il "zito" cieco.
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Anche i chierici "poveri" portavano una ciocca dei propri capelli alla Vergine in trono, segno della perseveranza nello stato ecclesiastico.