Tra i fiumi Biscubio e Candigliano sorge la splendida
Chiesa di Santo Stefano alla Murata,
risalente al 1784, quando fu riedificata dalla famiglia Brancaleoni, a seguito di un disastroso terremoto che 3 anni prima distrusse il precedente edificio duecentesco che si trovava nei pressi dell'antica "Villa Finocchieto".
È stata dichiarata
"Monumento Nazionale", per i tesori d'arte che conserva, appartenenti all'antica chiesa terremotata.
Internamente di gusto barocco, fu rifatta su disegno della precedente e pertanto presenta una facciata rinascimentale. Il portale è arricchito da una cornice ad arco in pietra, sormontata dallo stemma dei Brancaleoni.
Al suo interno, a tre navate, custodisce una pala raffigurante la "Lapidazione di Santo Stefano", datata 1570 ed attribuita a Giustino Salvolini da Casteldurante, detto l'Episcopi; l'opera "La deposizione di Cristo dalla croce", attribuita a Girolamo Cialdieri di Urbino (1593-1680); la pregevole pala raffigurante il "Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto", di Federico Barocci da Urbino detto "Il Fiori"; e 10 statue in stucco di profeti e santi, attribuite al Brandani, scultore italiano e noto stuccatore della scuola manierista, e ai suoi collaboratori. Di fattura recente è invece il Crocifisso ligneo posto sull'altare maggiore, realizzato dall'ebanista piobbichese Luigi Tenchini.
Il portale d'ingresso è sormontato da una cantoria con un organo del 1883.
Curiosità
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La pala raffigurante il "Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto", di Federico Barocci, è la più grande delle tre versioni che l'artista dipinse. Una delle tre è andata peruta, mentre l'altra è custoditapresso la Pinacoteca Vaticana.
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Per la realizzazione della pala "Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto", il Fiori si è ispirato alla "Madonna della scodella" del Correggio, custodita presso la Galleria Nazionale di Parma, come si evince anche dalla scelta di sostituire la palma con il ciliegio.