Il
Castello dei Conti di Girasole è un’antica
roccaforte normanna, un tempo governata dalla nota e potente
famiglia dei Balbia (o Balbano).
Il maniero, appartenuto alla
famiglia Jovine fino al Novecento, si staglia imponente
su uno sperone roccioso, circondato da una natura impervia e selvaggia, e domina dall’alto la gola di Romagnano e il centro storico di Balvano, di probabile origine longobarda, con le vecchie case sopravvissute ai terremoti che sorgono ai piedi del colle.
Il nucleo originario, costruito in epoca normanna intorno
al X secolo, non è più individuabile a causa dello stile composito del Castello che è stato interessato da diversi ampliamenti e ricostruzioni in seguito ai danni provocati dai terremoti.
In origine, il Castello era circondato da una
cinta muraria dotata di una torre cilindrica e composta da
due corpi distinti, di cui uno posto più in basso, nei pressi del portone di ingresso, seguito da un lungo androne che attraverso una rampa gradonata conduceva al secondo corpo, l'edificio vero e proprio, che si sviluppava intorno ad un cortile interno. Queste strutture, però, sono state pesantemente danneggiate dai terremoti che ne hanno provocato il crollo e attualmente sono interessate da interventi di recupero.
Oggi, della primitiva struttura rimangono solo i
caminetti del secondo piano, in pietra locale e ancora in buono stato, e i resti di
due torri-vedetta, situate ad altezze diverse: una si erge nella parte alta, dove la muratura che delimita il portale d'ingresso viene ripresa sul contorno; l’altra svetta nella parte bassa.
Curiosità
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Secondo una leggenda, nel Castello di Balvano c'erano due cuoche, una saggia e modesta, l'altra curiosa e pettegola. La cuoca buona, sempre spiata dall’altra cuoca desiderosa di metterla in cattiva luce per ingraziarsi la moglie del castellano, seccata di questo atteggiamento decise di chiudersi a chiave in ogni stanza mentre svolgeva le faccende. La cuoca cattiva, però, era una fattucchiera e con un incantesimo si trasformava in una gatta, continuando a spiare il lavoro dell’altra. Questa però se ne accorse e un giorno volle vendicarsi, rovesciando sull’animale dell’acqua bollente. La gatta fuggì via miagolando e, dopo un po’, tornò la cuoca ficcanaso tutta fasciata. Da allora, si dice, che nel Castello di Balvano non ci siano stati più gatti.