Situata a Vo' Vecchio,
Villa Contarini Giovanelli - Venier è una elegante villa veneta di notevole rilevanza storico-architettonica, che sorge in un incantevole contesto paesaggistico-ambientale.
Realizzata sul finire del Cinquecento per volere dei Contarini - potente e ricca famiglia veneziana
-, presentava in origine l'
impostazione aulica tipica del palazzo veneziano, a pianta quadrata tripartita e con al centro i saloni sovrapposti. Al suo interno conta ben 39 stanze nei due piani nobili, mentre al pianterreno vi sono le stanze di servizio e nel sottotetto il piano per la servitù.
Nell'Ottocento, i suoi ultimi proprietari - la famiglia Giovanelli-Venier - apportarono alcune modifiche, una su tutte lo spostamento della facciata principale sul lato opposto - di fronte alle barchesse - rispetto a quello originario che affacciava sulla piazzetta dell'abitato. Anche internamente venne ristrutturata, con la costruzione di una
monumentale scala a mezzo bovolo quale collegamento ai vari piani. Esternamente ha conservato invece l'originario impianto barocco, con scalinata a due rampe raccordata ad una terza che raggiunge l'ingresso principale. Le due
imponenti barchesse laterali creano, assieme alla cinta muraria arrotondata in fondo al giardino, una singolare forma a goccia. La facciata presenta
finestre con vivaci balaustre in pietra, e - nel settore centrale del prospetto principale a sud - la canonica sovrapposizione di colonne e paraste, di gusto classico: tuscaniche al primo piano, ioniche al secondo e corinzie sul frontone del tetto. Le chiavi d'arco della trifora del secondo piano nobile sono decorate con tre protomi raffiguranti presumibilmente un guerriero lanzichenecco affiancato da due nobili regine.
Nel 1927, la Villa fu acquistata dapprima dall'industriale vicentino Gino Bonazzi, e successivamente dal pittore bolognese Mario Pozzati, che qui divenne padre di
Concetto, noto pittore contemporaneo. Più tardi, il Pozzati cedette a sua volta la proprietà al commerciante Sirio Landini, il quale nel 1943 la affittò alle
Suore Elisabettine di Padova che vi ospitarono gli sfollati delle città vicine durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Nel dicembre 1943, però, la Villa fu requisita dai repubblichini di Salò e utilizzata per 7 mesi come
campo di concentramento degli ebrei delle provincie di Padova e Rovigo: vennero detenute circa 70 persone, e le suore vennero addette alla gestione della cucina. In memoria dei deportati, nel 2001 venne collocata nella parte retrostante dell'edificio, una lapide con i nomi degli ebrei imprigionati.
Agli inizi degli anni Cinquanta la Villa è stata acquistata dal Comune di Vo', per ospitarvi i propri dipendenti e i maestri elementari. Per diversi anni, una barchessa è stata la sede della
scuola elementare, mentre l'altra - di proprietà privata - ospita ancora oggi un
bar-trattoria.
Nel 2012, a seguito di un importante intervento di restauro volto a restituire alla Villa il suo antico splendore, il Comune ha avviato un progetto di recupero per un suo "uso pubblico di tipo culturale". Oggi è diventato infatti sede del
Museo del Paesaggio - con una interessante esposizione di copie di mappe antiche del territorio - e
Luogo della Memoria della Shoah, con pannelli descrittivi del periodo più tragico della storia della Villa.
Curiosità
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La Villa sorge in un punto strategico, una sorta di varco tra i colli Berici e i colli Euganei utilizzato fin dal Medioevo.
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Nel corso del Seicento, si aggiunsero al Palazzo un oratorio, un'osteria ed una piazza, che insieme al porto fluviale diedero origine ad un piccolo centro abitato.
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Il campo di concentramento fu smantellato il 17 luglio 1944, quando un'unità tedesca prelevò i 47 ebrei allora presenti e li condusse dapprima a Padova e poi alla risiera di San Sabba, per poi essere deportati nel campo di sterminio di Auschwitz - Birkenau in Polonia, dove giunsero il 3 agosto. Tra gli ebrei detenuti nella Villa, sopravvissero soltanto tre donne: Bruna Namais, Ester Hammer Sabbadini e sua figlia Sylvia Sabbadini.
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L'allora parroco don Giuseppe Raisa, scrisse una dettagliata memoria sulle vicende del campo, oggi custodita presso l'archivio parrocchiale di Vo' Vecchio.