Il
Carnevale è una festa molto sentita a Bisacquino, dai più giovani definita la
festa principale, quasi superiore alla festa di ferragosto in cui viene celebrata Maria SS del Balzo.
In quest'occasione, i ragazzi si cimentano nella realizzazione di carri allegorici di cartapesta
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. La figura più caratteristica del carnevale bisacquinese è "U ZUPPIDDU", figura contadina con pantaloni alla zuava, camicia, gilet, coppola e bastone ricurvo, con in una mano un uovo e nell'altra un grillo.
Il Carnevale Bisacquinese affonda le proprie radici almeno alla fine del Seicento, come comprovato da recente documentazione, per cui è da ritenersi di gran lunga il più antico della Sicilia. In particolare, la storia del Carnevale Bisacquinese attraversa tre distinte fasi. Una prima fase è dominata dal ballo nei circoli che si affacciano sulla piazza principale del paese: in essi, ogni sabato e domenica, dopo le ore 22:00, i ballerini affollano le sale e, al suono di qualche orchestrina, si lanciano in lisci e contraddanze fino alla tradizionale sosta al buffet.
La maschera principale è il “DOMINIO'”, una tunica scura che copre la persona fino ai piedi e munita di un cappuccio sulla testa che impedisce di riconoscerla, sulle cui origini non esistono documenti certi: tuttavia, è innegabile la sua matrice islamica, sia per la sua forma identica a quella del “burka” o “caffettano” islamico, sia per le origini arabe di Bisacquino, testimoniate dal nome (“Busekuin” in arabo), dalla conformazione urbanistica del centro storico e dagli usi dialettali, culturali e tradizionali. Vestita con il “domino”, in questa occasione la protagonista è la donna che, operando un vero e proprio capovolgimento di ruoli, passa da “oggetto” dell’uomo ad elemento attivo e dinamico, poiché è lei ad invitare l’uomo a ballare, guidandolo nei vari balli. Una seconda fase si sviluppa a partire dagli anni Cinquanta.
A conclusione del Carnevale Bisacquinese, il martedì grasso, quattro uomini portano in giro per la piazza, adagiato su una scala, un baule con dentro un fantoccio di paglia cenci; dietro lo seguono molti ragazzi che gridano: “Murìu Piddu” e che fanno baldoria suonando i “brogni” (conchiglie marine). Poiché la morte del Piddu (sviluppatosi sulla figura storica di Piddu papà) rappresenta la morte del Carnevale, ecco che egli, moribondo, fa testamento, rivelando, con tale espediente, le magagne della vita paesana e dei suoi uomini più in vista: “Lassu a li dotti li testi confusi/ ‘nta tanti libra e ‘nna tanta scrittura,/ lassu all’avvocati li causi persi/ a li duttura ci lassu la cura. A mezzanotte, infine, allo scoccare cioè delle Ceneri che aprono il periodo quaresimale, suona "lu sinnu”, che annuncia che il Carnevale è terminato, e il fantoccio viene bruciato. La terza fase inizia negli anni Settanta, quando si registrano le prime sfilate di carri allegorici, prima costruiti con materiali “poveri”, poi sostituiti dalla cartapesta.
Agli inizi degli anni Duemila, la sfilata viene portata a due giorni, sabato e domenica, e nasce la figura simbolo del Carnevale Bisacquinese, "U Zuppidu". Esso, nato nel 2001 ma divenuto carro apripista solo nel 2003, è il frutto della contaminazione tra il personaggio del “Piddu” appena rievocato e la tradizione tipicamente bisacquinese del “Venniri Zuppiddu”, giorno seguente il Giovedì Grasso, in cui, secondo la credenza popolare, bisogna mangiare un uovo per scongiurare la “caduta” del “grillo”, termine che evidentemente allude alla virtù virile.
Il Carnevale Bisacquinese è oggi una delle feste più vive dell’intero circondario e uno dei patrimoni culturali di maggiore interesse.
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